Poe? Un po’ come Freud, entrambi hanno lavorato in modi diversi all’idea dell’inconscio. In Poe, come in quest’ultimo lavoro teatrale di Tommaso Landi, c’è una tensione che cresce con un ritmo impressionante.E l’evento forte, scioccante che alla fine scioglie la tensione, è la verità che esce come liberazione dall’incubo. In questo dramma, soprattutto nella prima parte non c’è una trama che narri fatti o accadimenti reali: tutto ha il colore dell’incubo; tutto è come un sogno: così ecco l’occhio del vecchio Geremia che diventa simbolo di coscienza che ci tormenta, di un Dio implacabile che guarda la nostra paura di vivere (o di morire?). Lo spirito di Poe è l’immagine di un mondo in cui niente è reale, tutto è inconscio, tutto è paura. Non possiamo limitare l’universo di Poe solamente a quello che riusciamo a percepire con i cinque sensi: il mondo per Poe non è ciò che sembra. Le cose fuori della norma, l’impossibile, addirittura il pazzesco, possono essere reali e più vere di tutte le convinzioni fondate sulla logica dei numeri e sulle razionalità per le quali la nostra cultura merita una così grande riverenza.